giovedì 20 gennaio 2011

1 - IL MECCANISMO DI ANTIKYTHERA

Cominciamo, da questo mese, a trattare un nuovo argomento: vi racconteremo di oggetti incredibili, opere d'automazione che possono sinceramente stupire quando ci rendiamo conto di quanto siano antiche e insieme straordinariamente sofisticate. E iniziamo davvero alla grande, con quello che è stato definito dagli attoniti esperti che lo studiano come "il più antico computer analogico della storia": il meccanismo di Antikythera, la cui costruzione risale, secondo le ultime datazioni, al 100-150 AC.

Ritrovato il 17 maggio del 1902 nel sito archeologico del naufragio di Antikythera, al largo dell'omonima isola greca, dallo studioso Valerios Stais, lo strano meccanismo, forse eclissato da notevoli ritrovamenti artistici come l'Efebo di Antikythera, del 340 AC, oggi ospitato al Museo Nazionale Archeologico di Atene fu dapprima considerato una sorta di antico precursore degli orologi meccanici. Fu cinquant'anni dopo che Derek De Solla Price ne intuì la straordinaria importanza, e gli studi dell'incredibile apparato - fra radiografie, ricostruzioni, e tomografie, continuano tutt'ora - l'ultima pubblicazione su Nature è del novembre 2010.

Ma cosa fa, esattamente, questo meccanismo? In breve, si tratta di un calcolatore astronomico: un meccanismo compatto, e portatile (completo di manuale d'istruzioni, sia astronomiche che geografiche, inciso sulla custodia) capace, immettendo una data, di calcolare una serie di dati astronomici, fra cui la posizione del Sole e della Luna, la fase lunare, e le posizioni dei cinque pianeti noti ai Greci. Ma il fatto straordinario è che meccanismi di questa complessità non riappaiono, nella Storia, fino al quattordicesimo secolo, e che il livello ingegneristico del meccanismo ricorda, per sofisticatezza, gli orologi meccanici del 1800 - quasi due millenni più tardi; la loro disposizione permette di calcolare i dati astronomici con una precisione incredibile, simulando anomalie e particolarità che rivelano sia una straordinaria inventiva ingegneristica che una profondissima conoscenza astronomica, che ha fatto attribuire la paternità del meccanismo alla scuola del più grande astronomo dell'epoca, Ipparco.

Spiegazioni di ogni tipo sono state date dell'esistenza di questo meccanismo così unico e così incredibilmente avanzato, da un intervento alieno ad una visita di viaggiatori del tempo; ma le citazioni di meccanismi simili, seppur inferiori, nella letteratura dell'epoca, insieme alle nozioni di astronomia che sappiamo essere conosciute dai Greci, ci permettono di ignorare ogni fantasiosa ipotesi. Il meccanismo di Antikythera è, semplicemente, una delle opere eccezionali dell'intelletto umano, una vera - così l'ha descritta Michael Edmunds, capo del più recente progetto di ricerca - "Monna Lisa dell'Ingegneria".

mercoledì 19 gennaio 2011

APPLICAZIONI PER L'INDUSTRIA DEL VETRO

Non è facile lavorare con un materiale fragile, in ambito industriale... e meno ancora, se questo materiale è anche trasparente!

Per queste ragioni, è facile immaginare quanto sia particolare e complessa l'automazione necessaria nell'industria del vetro. Le difficoltà da superare sono infatti molte: se prima fra tutte spicca la trasparenza del materiale trattato, che ne rende necessario un monitoraggio particolare, non creano minori complessità la possibilità che le lastre siano bagnate per esigenze di lavorazione, il che ne rende ancora più difficile l'individuazione, oppure le condizioni dell'ambiente di lavoro, che è spesso saturo d'acqua nebulizzata, quindi umido, e sporco.

Baumer applica con successo i propri prodotti a tutte queste problematiche, risolvendole brillantemente: l'avanzamento delle lastre viene determinato grazie agli encoder incrementali, ed il loro posizionamento è monitorato con dei sensori laser di prossimità; allo stesso modo, specifiche fotocellule o sensori ad ultrasuoni sono in grado di verificare la presenza della lastra di vetro, anche se bagnata o sporca.

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PRODOTTO DEL MESE - SENSORI BAUMER PER AMBITO ALIMENTARE

Baumer presenta una nuova linea di sensori, progettati e costruiti in maniera specifica per le applicazioni in ambito igienico e alimentare!

I sensori di questa linea sono disponibili nelle due tiplogie induttiva e fotoelettrica. Entrambi, per rispondere alle particolari esigenze di questo settore industriale, sono ospitati in casing lisci, in materiali certificati FDA, e soddisfano tutti gli standard igienici; sul piano delle prestazioni, d'altro canto, vantano caratteristiche specifiche all'ambiente in cui andranno ad operare.

Secondo il concetto d'impermeabilità proTect+ di Baumer, studiato per garantire durata e performance superiori, i sensori vengono sottoposti non solo ai test d'impermeabilità IP 68 e IP 69K, ma anche a cicli di temperatura in cambiamento costante, che ne assicurano l'operatività dai -40 ai +100°C; sono inoltre resistenti ai detergenti e agli spruzzi d'acqua ad alta pressione, entrambe condizioni onnipresenti in questo campo.

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giovedì 13 gennaio 2011

LEONARDO DA VINCI - 1450 AD - Ultima Puntata

3) I SOGNI IRREALIZZATI
Prima che un ingegnere, un artista, un inventore, perfino prima che un genio, Leonardo da Vinci fu uno straordinario sognatore. Vide possibilità dove i suoi contemporanei non vedevano nulla, e seppe sempre ragionare in maniera originale per superare le difficoltà. Per questa ragione, e in tributo a tanto coraggio intellettuale, dedichiamo l'appuntamento di oggi, che chiude la serie sulla storia antica dell'automazione, a due suoi progetti solo sognati, ma straordinari: l'uomo meccanico e la macchina per volare.
 
L'uomo meccanico sarebbe stato contenuto, a giudicare dai progetti, in una delle pesanti armature di piastre comuni nel millecinquecento. Chi ci segue dall'inizio in questa cavalcata attraverso la storia forse ricorderà il flautista dei Banu Musa, o ancor di più la barca di musici robotici di Al-Jazari: ebbene, dove questi automi avevano una funzione estremamente specifica, per la quale il movimento e la forma umanoide erano quasi più un fatto d'estetica e di spettacolo, che di funzione, l'automa leonardesco era studiato per muoversi in tutto e per tutto come un uomo vero. E a questo scopo, che si poté prefiggere solo grazie alla sua profondissima conoscenza del corpo umano, delle sue proporzioni, e dei meccanismi del suo movimento, Leonardo non pensò ad una semplice struttura snodata, ma a dei giunti correlati in modo preciso, che articolassero in armonia le varie parti del corpo per camminare, muovere le braccia, perfino aprire e chiudere la bocca. Non tralasciò neppure di prevedere un sistema di percussioni nel petto, per dare una rudimentale “voce” alla sua invenzione. Un automa che non era dunque progettato per dare spettacolo o incuriosire, ma per poter essere un vero sostegno all'uomo, assumendosi parte delle sue fatiche.
 
L'altro grande sogno, quello di far volare l'uomo, accompagnò Leonardo dalla più tenera infanzia, se tanto spesso citava l'aneddoto secondo cui, infante, un'aquila era volata sopra alla sua culla. Ciò che è sicuro è che il pensiero lo ossessionava, e che scrisse e disegnò carte su carte studiando il moto degli uccelli, il battito e la struttura delle loro ali, il suo modello: nonostante il suo modello di elicottero, una gigantesca elica che si sarebbe dovuta “avvitare” nell'aria per sollevare una piccola piattaforma (principio validissimo in sé, dato che è lo stesso che permette ai nostri elicotteri di volare), per Leonardo il vero volo umano sarebbe stato su un dispositivo ad ala battente. E forse uno dei più grandi ostacoli al buon esito di questo progetto fu la mancanza di materiali adatti (come tante volte nella vita di Leonardo), sufficientemente robusti e leggeri da permettergli di applicare quei principi che vedeva nella natura che lo circondava.
 
Non sappiamo, naturalmente, cosa Leonardo direbbe delle invenzioni straordinarie di cui ci serviamo oggi, e del mondo che ci circonda. Ma ci piace pensare che, per una mente come la sua, sarebbero trampolini da cui spiccare il volo verso nuovi sogni, ancora più grandi.

LEONARDO DA VINCI - 1450 AD - Seconda Puntata

2) LE APPLICAZIONI MILITARI
Torniamo a parlare del nostro buon amico Leonardo, dopo avere visto brevemente le più celebri applicazioni civili del suo genio ingegneristico.
 
Se infatti, come abbiamo detto, i suoi progetti preferiti erano quelli dove la sua scienza si metteva al servizio del lavoro, di una necessità pratica, o semplicemente risolveva un problema apparentemente senza uscita, non dobbiamo dimenticare che Leonardo non era ricco, e che lavorava per dei committenti che sì finanziavano le arti e l'inventiva, ma allo stesso tempo vivevano una situazione politica di continuo scontro, dove la guerra era all'ordine del giorno. E per questa ragione, molto spesso, anziché chiedergli di inventare un nuovo metodo per cardare i tessuti, o di trovare un modo per costruire un ponte più grande e solido di quanto si fosse mai fatto prima, i mecenati di Leonardo gli chiedevano di inventare armi e strumenti di guerra. E sebbene potesse non essere la sua occupazione preferita, anche qui il suo genio appare evidente.
 
Per partire da un progetto che visivamente conosciamo in molti, ad esempio, troviamo fra le carte di Leonardo i disegni di un vero e proprio carro armato. Sotto una robusta protezione conica, in un solido carro, i soldati si sarebbero potuti avvicinare alle linee nemiche, azionando dall'interno, mediante delle manovelle, le ruote del mezzo, mentre dei tiratori avrebbero potuto puntare in tutta sicurezza i cannoni montati sul carro contro i nemici. E' stato peraltro studiando una ricostruzione proprio di questo progetto che s'è scoperto come spesso Leonardo inserisse deliberatamente delle imprecisioni nei suoi disegni, che rendessero inutilizzabile il progetto a chi non sapesse come rettificarle. Nel caso del carro armato, ad esempio, il mezzo avrebbe continuato a girare su se stesso, senza spostarsi in avanti di un millimetro, se costruito esattamente secondo i progetti: ma invertire un ingranaggio lo avrebbe reso completamente funzionante. Una misura di sicurezza, pari allo scrivere al contrario, che troviamo spesso nelle sue carte.
 
E se talvolta le sue invenzioni si rivelarono più sceniche che efficaci – pensiamo alla sua balestra gigante, con un arco di venticinque metri, la cui rispettabile potenza si rivelò subito neutralizzata dalla sua mole, che rendeva pressoché impossibile spostarla e puntarla durante una battaglia – non scordiamoci che, nell'epoca che vide nascer l'uso bellico della polvere da sparo, Leonardo inventò la forma ogivale dei proiettili, la stessa che oggi utilizziamo per i missili, perché la migliore per sconfiggere l'attrito dell'aria; ed è sempre nelle stesse carte che troviamo disegni di bombarde che sparano potenti proiettili a frammentazione. Tutto per quella che lui per primo, nei suoi scritti, chiama “pazzia bestialissima”: la guerra.

LEONARDO DA VINCI - 1450 AD

1) LE INVENZIONI CIVILI 
Il Vasari così parla di lui:
“Fece disegni di mulini, gualchiere, ed ordigni, che potessero andare per forza d' acqua, [...]Ed ogni giorno faceva modelli, e disegni da potere scaricare con facilità monti, e forargli per passare da un piano a un altro, e per via di lieve, e d' argani, e di vite mostrava potersi alzare, e tirare pesi grandi : e modi da votar porti, e trombe da cavare da' luoghi bassi acque ; che quel cervello non restava mai di ghiribizzare ; de' quali pensieri, e fatiche se ne vede sparsi per l' arte nostra molti disegni, ed io n' ho visti assai. “
 
Dopo tanto viaggiare, nel tempo e nello spazio, dalla Grecia Antica, ad una Cina quasi leggendaria, all'Arabia favoleggiata in mille racconti, siamo arrivati a casa, in Italia, e nel periodo forse più fulgido della nostra Storia, il Rinascimento. E ad accoglierci troviamo l'inventore per antonomasia, il genio, l'uomo del ­Rinascimento per definizione: Messere Leonardo da Vinci.  Tanto fu il suo ingegno che noi parleremo soltanto di alcune delle sue applicazioni, di pochi dei suoi progetti; e anche così dovremo dividere il discorso in un paio di appuntamenti, per rendergli minimamente giustizia.
 
Cominceremo allora oggi dalle applicazioni civili e scientifiche del lavoro di Leonardo, come quelle che il Vasari cita ammirato nelle sue Vite fra un aneddoto e l'altro. Pur non esistendo, all'epoca, né diritto d'autore né brevetti, ed essendo quindi ben complesso ricostruire quali delle invenzioni di Leonardo siano poi passate nell'uso comune, sappiamo che Leonardo realizzò, ad esempio, un avvolgitore di bobine automatico, una macchina per saggiare la resistenza alla tensione del filo metallico, e un apparato per molare le lenti – dove un unico ingranaggio ruota, ad una velocità fissata, sia il piano su cui poggia la lente sia la mola stessa. Del resto Leonardo è maestro innanzitutto di meccanica; altra prova ne è, ad esempio, il suo lavoro sulle barche. Si dedicò infatti molto al problema di rendere più facile e spedita la navigazione, e progettò un sistema di ingranaggi che, azionato dall'uomo, avrebbe moltiplicato la velocità, agendo su delle pale rotanti, fino a permettere di raggiungere gli ottanta chilometri orari – un risultato di tutto rispetto, e che fu ripreso nei grandi battelli fluviali a ruote dell'ottocento.
Ma ricordiamolo, non c'erano solo applicazioni civili e pacifiche per il genio di Leonardo: molto spesso i suoi mecenati e committenti gli chiesero non di sviluppare ponti e canali come sognava, (come il ponte a campata unica di 240 metri che il Sultano di Istanbul non credette potesse essere realizzato e rifiutò) ma armi e macchine d'assedio. Lo fece, naturalmente: ma anche così, non rivelò tutto ciò che sapeva e aveva immaginato. Salutiamoci con le sue parole: 
"[le invenzioni grazie a cui posso rimanere a lungo sott'acqua, o senza mangiare] non le pubblico e non le divulgo, per ragione della natura malvagia degli uomini, che le userebbero come mezzi di distruzione, affondando le navi con il loro equipaggio".

AL-JAZARI - 1200 AD


La scena di questo insolito spettacolo è il Nord della Siria; il periodo, il tredicesimo secolo.
Il protagonista è ammantato di mistero. Ne conosciamo il nome, Abu al-'Iz Ibn Isma'il ibn al-Razaz al-Jazari – e lo chiameremo con l’ultima parte, al-Jazari, che è un soprannome che indica proprio la zona in cui nacque (un po’ come il nostro “da Vinci”…)
E l’accostamento non finisce qui. Come il nostro grande Leonardo, al-Jazari era un genio in molti campi, e dimostrava interessi in ambiti estremamente diversi, dall’astronomia, alla matematica, all’arte, fino a quella che più c’interessa: l’ingegneria e le sue applicazioni pratiche. Discendente di una tradizione di artigiani, e capo Ingegnere al Palazzo Artuklu, dimostrava infatti grandissimo interesse nell’abilità necessaria a realizzare i suoi dispositivi, ben di più, in effetti, che nei principi teorici che ne permettevano il funzionamento. E proprio per questo, nel suo Libro della Conoscenza degli Ingegnosi Dispositivi Meccanici, sottolinea più volte, e con un certo orgoglio, come abbia costruito e provato personalmente ciascuno dei cinquanta progetti che vi illustra.
Orgoglio, peraltro, assolutamente giustificato, perché se andiamo a sfogliare quel libro, facciamo delle scoperte assolutamente sorprendenti. Al-Jazari descrive, nel dodicesimo secolo:
-          L’albero a camme – che compare nei meccanismi progettati in Europa solo due secoli dopo;
-          L’ingranaggio settoriale – che entra in uso regolarmente in Europa con il lavoro di Francesco di Giorgio, ingegnere Senese del 1500;
-          Una pompa per sollevamento liquidi che riusciva, grazie all’utilizzo di un sistema a pistoni, a sollevare l’acqua fino a 13,6 metri – un’efficienza superiore a quella delle pompe realizzare in Europa tre secoli più tardi…
Ma se già queste sono invenzioni straordinarie, è sicuramente l’interesse di al-Jazari per la robotica e gli automi ad essere l’aspetto più affascinante del personaggio.  Vogliamo chiudere questo breve articolo proprio con le sue parole: è la descrizione, dal Capitolo 4 del  Libro della Conoscenza degli Ingegnosi Dispositivi Meccanici, della sua “Barca di Automi”, e possiamo immaginarla davvero in funzione… e ricordate che i marinai, il flautista e le serve di cui si parla sono tutti automi, ciascuno capace di una cinquantina di diversi gesti ed espressioni!
 
"La barca viene posta sulla superficie di un grande specchio d’acqua, e ben di rado rimane ferma, perché si muove sulla superficie. Per tutto il tempo per cui si sposta, si muovono pure i marinai, perché sono montati su assi, e i loro  remi la spostano sull’acqua fino a che non sia passata circa una mezz’ora. Poi, per qualche tempo, il flautista suona il suo strumento e le serve suonano i propri, così che tutta la gente raccolta li oda. Poi tacciono, e la barca naviga lentamente per un’altra mezz’ora. Di seguito, il flautista dà nuovamente il segnale, e come la prima volta le serve suonano ancora. Il tutto cessa non prima di quindici cicli.”

AHMAD IBN MUSA IBN SHAKIR - 850 AD

Figlio di un ex-Bandito divenuto Astrologo personale di un califfo, e fratello di un celebre Astronomo e di un famoso Matematico, Ahmad ibn Musa Ibn Shakir ha le origini avventurose che ne fanno decisamente un personaggio con tutte le carte in regola per essere un protagonista.  Lavorò infatti (diventando esperto d’Ingegneria) insieme ai due fratelli alla Casa della Saggezza, la grandissima Biblioteca che a Baghdad fu il centro del sapere nell’Islam del nono secolo.
 
E i tre, noti collettivamente come i  “Banu Musa”, ossia “i figli di Musa”, sono gli autori, singolarmente, di libri di importanza straordinaria per l'età dell'oro della scienza Araba, chi per l'Astronomia (Abu'Jafar Muhammad, che ipotizzò che le leggi fisiche fossero identiche in ogni punto del cosmo, e postulò l'esistenza di una forza di attrazione fra i corpi celesti, secoli prima di Newton), chi per la Geometria e la Matematica (al-Hasan, che scrisse un 'opera sulle proprietà dell'Ellisse) e soprattutto, insieme, con il particolare contributo del nostro Ahmad, di un libro straordinario, nel quale descrivono un centinaio di meccanismi, dispositivi ed automi, e che è intitolato Il Libro dei Dispositivi Ingegnosi .
E non parliamo soltanto di curiosità, o oggetti d'interesse meramente passeggero: la ricerca nel campo dell'Automazione, nell'Arabia antica, mirava soprattutto alla realizzazione di obiettivi pratici, che veramente migliorassero le condizioni di vita di chi vi si affidasse. E nel Libro troviamo progetti che sono vera fantascienza per il nono secolo:
-        controlli di flusso tramite valvole
-        benne simili a quelle delle nostre dragatrici moderne
-        un suonatore di flauto completamente automatico (probabilmente la prima macchina programmabile della storia: vedremo nel nostro prossimo appuntamento un'evoluzione di questa idea con risultati assolutamente spettacolari)
-        maschere a gas
-        e non ultimo, un organo automatico ad acqua, che suonava in base al programma contenuto... su dei cilindri con dei pioli sporgenti, che ruotando attivavano i tasti. Vi ricorda qualcosa? Per esempio i carillon... oppure i pianoforti automatici dei film western? Avete ragione: quel meccanismo a cilindri rimase per dieci secoli il metodo per riprodurre musica autonomamente.

MA JUN - 200 AD

Cos’hanno in comune la Cina, il telaio automatico, la bussola e il teatro?
La risposta è il protagonista dell’articolo di oggi – ed è Ma Jun.
 
Inventore, ingegnere e Ufficiale governativo nella Cina del 200 DC, Ma Jun è una figura estremamente attuale: si conquistò una posizione di rilievo e di fama non grazie al denaro (pare fosse di umili origini) né con il fascino (era descritto come timido e introverso), ma grazie alla genialità delle sue invenzioni. Fra i suoi primi progetti, ci fu appunto un telaio automatico di concezione assolutamente nuova. Contro i cinquanta pedali tipici dei telai del tempo, Ma Jun introdusse un modello che ne aveva soltanto dodici – e che permetteva non soltanto di lavorare più in fretta e meglio, ma perfino di realizzare intrecci fino ad allora impossibili.
Ma la fama di Ma Jun è maggiormente legata ad un oggetto quasi leggendario nella Cina dell’epoca, che è stato reinventato e dimenticato più volte nel corso della sua storia: il “Carro che indica il Sud”, in pratica una bussola trasportabile e affidabile. Ai tempi di Ma Jun, lo si riteneva una leggenda, uno strumento mitologico impossibile da costruire; e quando Ma Jun sostenne che era possibile realizzarlo, fu bersaglio dello scherno di buona parte della corte. Ma il carro si poteva costruire – e lui lo costruì: un carro sormontato da una statua che, con un sistema di ingranaggi differenziali (uno dei primi utilizzi nella storia di questo genere di ingranaggio), era anche una bussola perfettamente funzionante, e puntava sempre a sud.
 
Ma forse a poterci impressionare maggiormente è un’invenzione che Ma Jun realizzò come dono all’Imperatore Wei. Quando questi chiese se era possibile far sì che i pupazzi del teatrino che gli era stato donato si muovessero, la risposta di Ma Jun fu un sicuro “sì”. Non solo fabbricò pupazzi differenti e perfettamente articolati, ciascuno capace di diversi movimenti; li costruì collegandoli ad una ruota dentata che animava l’intera scena, mossa da un flusso d’acqua nascosto.  Per il risultato stralciamo un passaggio originale dell’epoca:

… [Ma Jun] allestì figure di fanciulle che suonavano e danzavano, e all’entrata in scena di un particolare pupazzo altri ometti di legno suonavano tamburi e flauti … Ufficiali del governo stavano nei loro uffici … galli combattevano, e tutto di continuo cambiava e si muoveva ingegnosamente in cento variazioni …

CHANG HENG -125 AD

Sappiamo poco della Cina e dell’Oriente: di solito siamo affascinati proprio da questo mistero, da quest’aria “esotica”.  Forse per questo è ancora più incredibile pensare a quali risultati fenomenali arrivarono, proprio in Cina, nel 125 dopo Cristo, le capacità meccaniche e progettistiche di Chang Heng.

Astronomo, poeta, e ingegnere, le opere di Chang Heng vengono ancor oggi studiate nelle scuole Cinesi come nelle nostre si studiano quelle Leonardo da Vinci. Fra i suoi capolavori spicca sicuramente un colossale sismografo completamente automatico, capace di rilevare la direzione dei terremoti – fino a 400 miglia di distanza!  - che sicuramente fu uno strumento prezioso per organizzare l’invio tempestivo dei soccorsi nel già vastissimo Impero Cinese.  Tuttavia, per chi fa il nostro mestiere e apprezza gli automatismi raffinati e complessi, è forse ancor di maggiore interesse il suo astrolabio automatico.
 
L’astrolabio era uno strumento già conosciuto: permetteva di riprodurre la posizione degli astri sui binari che lo componevano, per facilitare i calcoli astronomici. La particolarità di quello costruito da Chang Heng era nel fatto che i complessi movimenti di tutti gli elementi dell’astrolabio erano controllati da una serie di precisi ingranaggi – e questi erano mossi dalla forza dell’acqua, che gocciolando in modo regolare animava l’intero apparato.  Il sistema era tanto delicato e raffinato che si ritiene sia all’origine del lavoro di tutti gli orologiai cinesi antichi, e abbia condotto all’invenzione, sette secoli più tardi, del meccanismo dello scappamento.

ERONE DI ALESSANDRIA - 10 AD

C’è poco della nostra storia, e della nostra cultura, che non abbia le sue radici nella cultura Greca. Ma probabilmente non sono in molti a pensare che anche l’Automazione abbia delle origini così lontane …
 
Erone di Alessandria, nato intorno al 10 DC, è la prova del contrario. Sebbene il suo lavoro sull’automazione fosse all’epoca visto come poco più che un gioco, un passatempo, e sicuramente qualcosa di privo di applicazioni pratiche, fra le sue invenzioni più interessanti c’è il primo esempio di motore a vapore della storia (un’invenzione che non sarebbe più ricomparsa fino alla Prima Rivoluzione Industriale, nel 1700!), l’Eolipila, o sfera di Eolo.
 
Tuttavia oggi vogliamo parlare di un suo progetto ancora più strabiliante … una porta completamente automatizzata. Realizzata come ingresso ad un tempio, la porta, come illustrato nel diagramma, si attivava accendendo un fuoco sull’altare. Il fuoco arroventava una sbarra metallica, che portava ad ebollizione il liquido contenuto in un serbatoio sotterraneo. Tramutato in vapore, il liquido veniva trasferito da un tubo in un secchio; questo aumentava di peso, e tirando delle corde, faceva ruotare le colonne che aprivano lentamente (e si può pensare con una certa imponenza) le porte del tempio. Ancor più prodigioso, allo spegnersi del fuoco, mano a mano che la sbarra si raffreddava, la variazione di pressione nel serbatoio richiamava indietro il liquido – e un contrappeso chiudeva le porte del tempio, il tutto automaticamente.
 
Sebbene la mancanza di tecnologia pratica fosse un problema che impediva la perfetta realizzazione dei suoi progetti (nessuno nel primo secolo dopo Cristo aveva gli strumenti per costruire un semplice pistone e cilindro, ad esempio), possiamo vedere in Erone di Alessandria uno dei primi progettisti di automazione. E tutto senza fotocellule!